La settima onda

 

Qualche tempo fa ho appreso della battaglia di Chen Guancgheng contro gli aborti forzati e le sterilizzazioni nelle aree rurali della Cina. In questo Paese ci sono tredici milioni di aborti ogni anno e molti di questi sono imposti dalla politica del figlio unico del Governo di Pechino. Questo uomo solo, cieco dalla nascita, avvocato autodidatta, ha avuto il coraggio di denunciare i soprusi contro le donne in stato di gravidanza costrette ad abortire figli desiderati. “Chen” ha pagato con il carcere, la tortura e l’isolamento le sue opinioni, come molti martiri della fede vittime del comunismo. E’ di ieri la notizia della sua fuga rocambolesca dagli arresti domiciliari cui era costretto. Da qualche tempo stava a letto e limitava i suoi movimenti per ridurre la guardia attorno alla sua abitazione. E’ fuggito nella notte di domenica scavalcando un alto muro e beffando i cordoni della polizia. Ironia della sorte, lui, non vedente, amico del buio, non è stato visto da quelli che avevano il compito di sorvegliarlo … Come non pensare alla fuga di Steve McQueen, alias Henri Charriere, nell’indimenticabile “Papillon”? … Dice Henri al suo compagno di sventura Dega: “la settima onda è grande abbastanza da riuscire a portarci fuori vincendo la forza delle altre”. Poi salterà da solo nel vuoto e una volta lontano dai suoi aguzzini, trasportato da una zattera di noci di cocco, leverà un urlo roboante verso il cielo: “maledetti bastardi, sono ancora vivoooooooo!” …

Scarpa lo dici a tua sorella!

Andare a zonzo per Roma su una vespa a primavera è tra le cose più belle. L’altro giorno ho alzato il naso su una scarpa a forma di banana impressa sopra un cartellone pubblicitario. Mi ha guardato dall’alto con l’aria un pò snob e stizzita mi ha risposto: “scarpa lo dici a tua sorella”. L’ho inseguita con lo sguardo fino a perderla dietro alle mie spalle, poi ho proseguito la marcia incontro alla brezza che danzava un lento sopra la mia pelle. Pensavo tra me e me, non c’è scarpa che voglia essere soltanto una scarpa, uomo che voglia essere semplicemente un uomo. Siamo sempre lì, dai tempi del primo Adamo non vediamo l’ora di tracimare dagli argini, di fare nostro ciò che non ci appartiene, di affondare Dio per innalzare la bandiera dell’Io sopra i nostri cadaveri. Io ipertrofico, Io aerostatico, ingombrante come i lottatori di sumo. Lo vedo lì, sui posti di partenza, pronto a sfondare come un missile i flebili confini dell’epidermide, per poi rotolarsi, faro nella notte, nelle orbite siderali del nuovo e del nulla. Gravità, gravità, santa gravità, ti benedico perchè mi tieni ancorato alla terra, sui sentieri dove cresce l’erba e sbocciano le viole …