Flatus vocis

Il messaggio del Papa per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato ha avuto una grande risonanza mediatica perché è apparso come una presa di posizione della Santa Sede nel dibattito sullo ius soli.
E’ difficile credere il contrario visto che porta la data del 14.1.2018 e la sua anticipazione non aveva altra perspicua ragione. Alcuni commentatori si sono soffermati su talune gaffe del Pontefice che avrebbe citato in modo improprio il suo predecessore sull’esigenza di anteporre la sicurezza personale a quella nazionale dimostrando che nella “Caritas in veritate” Benedetto XVI si sarebbe riferito ad altro contesto, non quello dell’accoglienza. Altri hanno addirittura escluso che le parole di Papa Benedetto abbiamo mai posto in contrapposizione (o sovraordinato) i diritti delle persone emigrate e quelli dei paesi di loro approdo.
La querelle è sorta perché Papa Francesco nel suo messaggio ha affermato che dovrebbe esistere un diritto universale alla nazionalità che andrebbe riconosciuto e opportunamente certificato a tutti i bambini e le bambine sin dal momento della nascita. Questa affermazione ha fatto ritenere ai più che Bergoglio si fosse schierato in favore dello ius soli, ovvero, per il riconoscimento del diritto di cittadinanza nel luogo di nascita del bambino.
A ben vedere il Papa ha fatto invece riferimento al problema degli apolidi: le persone prive di qualsivoglia cittadinanza.
Ora, sebbene il Pontefice nel suo messaggio si sia rivolto urbi et orbi, ogni riferimento, stimolo o suggerimento al Legislatore italiano (come lascia intendere la scelta della sua anticipazione) può dirsi inappropriato. Proviamo a capire perché!
Intanto, il bambino che nasce in Italia da genitori migranti, in base all’ordinamento vigente, non è privo di nazionalità ma ha quella dei suoi genitori.
Vi chiederete, ma quelli che una cittadinanza non ce l’hanno che fine fanno?
L’art. 1 della legge 5.2.1992, n. 91, afferma che è cittadino per nascita anche chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ed è quindi lui stesso apolide. Allo stesso modo, è cittadino per nascita il figlio che non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono. Quindi, non si venga a dire che l’introduzione dello ius soli si rende necessaria per contrastare l’apolidia dei migranti. E’ una bufala colossale!

 

Lo zampino di Dio

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La notizia è di ieri. I nipotini di satana volevano radere al suolo la Sagrada Familia. Poi hanno ripiegato sulla carne inerme della Rambla. Loro sanno che per i cristiani il corpo è dimora del Dio incarnato e abbatterlo equivale a demolire un tempio … Non pensare che l’obiettivo della cattedrale di Barcellona sia stato scelto a caso. Non si tratta della solita chiesa-garage, progettata da archistar atee e finanziata con i soldi pubblici. E’ una vera chiesa realizzata così come la sognano i bambini, costruita pietra su pietra soltanto con l’obolo dei suoi fedeli. Anzi, per dirla tutta, dopo oltre cent’anni, è ancora in corso di realizzazione e si sviluppa con passo lento ma inesorabile così come un’anima ben formata. Si erge maestosa a somiglianza del Montserrat e i suoi pinnacoli sono simili a stalagmiti, che goccia dopo goccia, si elevano al cielo. Al suo interno le colonne sono simili a tronchi e insieme formano una enorme foresta abitata dagli angeli che si contrappone alla desertificazione. L’autore, Antoni Gaudì, è l’architetto più visionario e religioso di tutti i tempi, a riprova che l’unico sguardo che oltrepassa il nulla è solo quello della fede. Lui, il più antimoderno dei modernisti si era messo in testa di edificare un tempio per espiare le nefaste conseguenze della Rivoluzione Francese e della secolarizzazione. Gli anarchici, un tempo, hanno provato a distruggere la sua opera senza tuttavia riuscirci. Oggi gli islamisti ci hanno riprovato senza nemmeno arrivarci. Qui c’è lo zampino di Dio …

Aspettando il risveglio del thumos

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Nulla di nuovo sulla Rambla. La belva islamica ha usato ancora la falce sugli ignari steli di carne che hanno rimbalzato al suolo come birilli. Te lo dico io ora cosa succederà: una distesa di lumini e tappeti di fiori e una variegata moltitudine di orsacchiotti. Qualcuno poi intonerà Imagine e tutti seguiranno ad una sola voce, con un solo canto, un pizzico di cordoglio e qualche pianto. Show must go on, dirà l’impresario Mangiafuoco, ma quando si spegneranno i riflettori, le api operaie torneranno, chete chete, nei loro alveari … Ma quanto dobbiamo aspettare perché si risvegli il thumos? Quando trasalirà la tarantola? A quando quel ribollire intrepido delle narici? Ormai da tempo attendo impaziente una marea che monta, il fragore impetuoso delle onde. Se non lo avessi ancora capito (ma non c’è niente da capire, devi solo sentire con le tue fibre) il termine greco thumos è per Rémi Brague quella collera che ci permette di rifiutare il disonore di sottometterci, che ci fa affermare la nostra indipendenza e combattere per essa. Il thumos, spiega il nostro, è il “cuore” nel senso che la parola aveva nel francese classico, ovvero, “coraggio”. Non è solo ciò che ci permette di difenderci. Più profondamente, è ciò che fa sì che da subito noi abbiamo qualcosa da difendere, ossia un’identità e una libertà … Aggiungo io, lo dobbiamo a noi stessi per non morire birilli …