Aver letto a vent’anni Junger mi ha salvato dal letto di Procuste, dalla visione retrospettiva e omologante dell’alibi genitoriale. Fateci caso, a guardarsi intorno sembra di essere circondati da una moltitudine di crostacei, tutti rinchiusi nelle loro corazze, che procedono a ritroso sopra le loro storie alla ricerca spasmodica di un capro espiatorio. E’ inutile spiegare a questi coriacei ruminatori di fango che i propri macigni vanno gettati in fondo al mare, per poi voltargli le spalle, una volta per tutte, e correre leggeri incontro all’Amato. Non c’è niente da fare, preferiscono scalare montagne con un sacco ricolmo di pietre, piuttosto che tagliare i ponti con il loro passato … Aver letto Junger a vent’anni mi ha insegnato che vale la pena soltanto abitare sulla frontiera dove si incrociano le spade e si annidano i cecchini, con i piedi nel fango e lo sguardo verso il cielo. Un solo metro indietro e ti ritrovi rotolato negli alveari condominiali, produzione/consumazione, figlio unico, cremazione, neanche il nome su una tomba su cui versare una lacrima … Aver letto Junger a vent’anni mi ha salvato dall’illusione della Tecnica, dalla protervia incolore dei tecnocrati, dalle sabbie mobili dello stato-termitaio … Ma sopratutto, aver appreso della sua conversione alla soglia dei cento anni (ultimo Giacobbe ancora in lotta contro l’angelo) mi ha confermato che in realtà il passaggio al bosco sta nell’osmosi integrale con l’Agnello immolato …