La “Pulzella” e la Croce

Caro Lorenzo, mi dici – con qualche disappunto – che quella che per me è la “Pulzella”, nel fare memoria dei ragazzi caduti per mano del piombo dei giacobini, di ieri e di sempre, si è fatta il segno della croce. Io approvo incondizionatamente questo gesto, e a te che conosci la spiritualità delle vette voglio parlare della grandezza del segno dei cristiani che sovrasta le più alte cime. E’ il segno della totalità e della redenzione, dice Guardini, del farsi di Cristo fin nelle ultime fibre … Possano mani, come di picconi, nell’atto di segnare capo, petto e spalle, squarciare le nostre cortecce per consentire che la pienezza di Dio tracimi sovrabbondante nelle nostre vite … Devi sapere che quando noi diciamo: in nome, (usando non già il plurale, ma il singolare) esprimiamo, come dice Giuliotti, “la nostra ferma presenza del dogma dell’Unità di Dio. Quando pronunziamo le parole: del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, esprimiamo, con la stessa forza la nostra ferma credenza nel dogma della santissima Trinità. Quando, dopo aver detto, toccandoci la fronte: In nome del Padre, abbassando la mano dalla fronte al petto, diciamo: del Figlio, e formiamo il braccio verticale della Croce, con ciò intendiamo che la Seconda Persona s’è fatta uomo, che il Verbo s’è incarnato nel seno di Maria, e che la Sapienza generata prima delle colline è venuta a dissipare col suo fulgore, le nostre tenebre. E quando, infine, portando la mano dalla spalla sinistra alla destra (braccio orizzontale della Croce) diciamo: dello Spirito Santo. Amen, e terminiamo di tracciare, sul nostro corpo, l’intera figura della Croce, noi vediamo, con l’occhio dell’anima, la Passione e la morte di Cristo, e, insieme, la nostra resurrezione con Cristo, per quella Passione e quella Morte”.

Italia – Germania 3 – 1

Ho scoperto un plagio! Un amico di quelli che non si dimenticano, anche se ti guarda da dietro una stella, spesso citava con la voce impostata, simile a certi attori usciti da una pellicola americana, una frase del “Trattato del Ribelle” di Ernst Junger. Scrive Junger: “Lunghi periodi di pace favoriscono l’insorgere di alcune illusioni ottiche.  Tra queste che l’inviolabilità del domicilio si fondi sulla Costituzione, che di essa si farebbe garante. In realtà l’inviolabilità del domicilio si fonda sul capofamiglia che, attorniato dai suoi figli, si presenta sulla soglia di casa brandendo la scure”.  Prima di Junger, il salvatico Giuliotti scriveva su “Tizzi e fiamme”: “chi vorrà mantenere incontaminato, nella famiglia, il tesoro ideale degli avi, bisognerà che, sulla soglia della propria casa, lo difenda ormai vandeanamente, con la pistola e il pugnale.” Insomma, l’irreprensibile tedesco è stato scoperto con le dita nella marmellata italica … Nell’eterna sfida con l’invincibile Germania una volta ancora possiamo gridare: Tardelliiii, Tardelliiii goooal!

Uscire allo scoperto

ortodossi

Uscire allo scoperto o in campo aperto per dare testimonianza al mondo che ciò che la barbarie nichilista calpesta, risorge – come la Fenice – nel viandante che inciampa tra le braccia del suo Creatore; storie, volti, persone di cui la nuova tirannia non parla perchè irriducibili cavalli di Troia nel territorio comodo dell’egotismo straripante. In principio fu Domenico Giuliotti, il primo salvatico, araldo di Santa Romana Chiesa, nemico giurato dei palloni aerostatici che offuscano la luna. Non lo troverete nelle librerie imbellettate del niente moderno. Montagne di cellulosa intorno al gorgoglio degli ombelichi e alle meccaniche frenetiche dei genitali. Lo chiamano Progresso, la chiamano Liberazione, ma è solo imbestiamento.  Giacomo Biffi – grande, grandioso Principe della Chiesa – di lui dice che è stato uomo dalla fede ispida e spigolosa. Morto nel 1956, in tempo per non vedere l’avvento di una cristianità priva di spina dorsale che ha barattato il peccato con l’errore e la salvezza delle anime con le mense della Caritas e le riffe parrocchiali. Ciò che non ha visto aveva tuttavia previsto nei lampi premonitori e scomodi di una scrittura da trincea. In “Umilissime scuse” mena fendenti contro i cattolici “moderni e aperti” scandalizzati dalla prosa villereccia dell’Omo Salvatico. I cattolici “aperti” – dice – sono coloro che a forza d’apertura non si accorgono di aprire la porta ai loro nemici. I cattolici “moderni” sono quelli pronti a far mercato della verità, nè caldi nè freddi, buoni solo per essere vomitati.   Per questi Cristo, dice il nostro in “Tizzi e fiamme”, non è più Via, Verità e Vita, piuttosto viottolo; verità sì, ma arretrata; vita sì, ma puerile, fatta per la puerizia. La Via Maestra, la Verità “attuale”, la Vita viva, virile, dinamica, piena, al tempo d’oggi, è soltanto in quel fagotto di carne chiamato uomo libero. Se questo è un uomo allora bisogna avere il coraggio di dirsi medievali … Medioevo, medioevo, tempo di cattedrali che guardano al cielo, tempo di relazioni che si inarcano, in perfetto equilibrio, a imitazione delle volte gotiche, tempo di santi, cavalieri e contadini infinitamente più alti dei nani contemporanei: “uomini animali tutti bocca e ventre, che si trascinano col muso a terra, dall’utero al sepolcro, masticando e stercando”.