Caro Lorenzo, mi dici – con qualche disappunto – che quella che per me è la “Pulzella”, nel fare memoria dei ragazzi caduti per mano del piombo dei giacobini, di ieri e di sempre, si è fatta il segno della croce. Io approvo incondizionatamente questo gesto, e a te che conosci la spiritualità delle vette voglio parlare della grandezza del segno dei cristiani che sovrasta le più alte cime. E’ il segno della totalità e della redenzione, dice Guardini, del farsi di Cristo fin nelle ultime fibre … Possano mani, come di picconi, nell’atto di segnare capo, petto e spalle, squarciare le nostre cortecce per consentire che la pienezza di Dio tracimi sovrabbondante nelle nostre vite … Devi sapere che quando noi diciamo: in nome, (usando non già il plurale, ma il singolare) esprimiamo, come dice Giuliotti, “la nostra ferma presenza del dogma dell’Unità di Dio. Quando pronunziamo le parole: del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, esprimiamo, con la stessa forza la nostra ferma credenza nel dogma della santissima Trinità. Quando, dopo aver detto, toccandoci la fronte: In nome del Padre, abbassando la mano dalla fronte al petto, diciamo: del Figlio, e formiamo il braccio verticale della Croce, con ciò intendiamo che la Seconda Persona s’è fatta uomo, che il Verbo s’è incarnato nel seno di Maria, e che la Sapienza generata prima delle colline è venuta a dissipare col suo fulgore, le nostre tenebre. E quando, infine, portando la mano dalla spalla sinistra alla destra (braccio orizzontale della Croce) diciamo: dello Spirito Santo. Amen, e terminiamo di tracciare, sul nostro corpo, l’intera figura della Croce, noi vediamo, con l’occhio dell’anima, la Passione e la morte di Cristo, e, insieme, la nostra resurrezione con Cristo, per quella Passione e quella Morte”.