Il Cortile dei Gentili

Lo confesso, non sono mai riuscito a portare a termine un libro di Ravasi. Cristianesimo colto, pieno di virtuosismi letterari, ma che non arriva alla mia esistenza, quindi vacuo come una bolla di sapone … Poi il suo “Cortile dei Gentili” in quest’epoca incanaglita, dove arriveremo presto a mettere i sacchetti di sabbia davanti alle chiese, assomiglia a quell’uomo che ascolta l’ultima ouverture sotto una pioggia di bombe … Di questi tempi, sulla frontiera che piace tanto al cardinale sparano i cecchini e chi si presenta in clergyman  anzichè con l’elmetto rischia di rimanerci secco. Insomma, questo dialogo tra atei e cattolici proprio non lo capisco! In “Habemus Papam” Nanni Moretti liquida il tutto in tre battute. Al cardinale Gregori che afferma che ciascuno di noi è stato pensato e amato da Dio il professore, alias Moretti, risponde: “No Gregori, questa è la terribile bellezza del darwinismo, nessun senso nella vita, nessuna consolazione”. Non so cosa ci trovi di bello il nostro professore, comunque il discorso mi sembra chiuso, non c’è altro da aggiungere, a meno che non si voglia fare la figura di Pierino in “Palombella Rossa”. Dopotutto, il Vangelo insegna che è inutile inseguire una mandria di porci che corre verso il dirupo. La partita si gioca, invece, su un altro piano, non certo nei salotti dell’intellighentia. Io sono tornato nella Chiesa perchè ho incontrato cristiani simili a torce viventi, che ardono e riscaldano come il fuoco perchè pazzi di un amore donato. Tempo fa leggevo su un libro che quando San Bernardo di Chiaravalle passava nei villaggi “le madri nascondevano i loro figli, le mogli i loro mariti, gli amici i loro amici” per sottrarli alla sua forza trascinatrice. Quindi, non inseguire per essere seguiti …

(La cabina) Armadio e la Strega

Un amico mi ha mostrato il progetto della sua nuova casa realizzato da una architetta, un’architettessa milanese. C’è una grande stanza al centro destinata a cabina armadio. Proprio come nella pubblicità della Renault dove lei dice a lui, “sai cosa potremmo fare di questa cameretta?” … L’ectoplasma di turno, capitato sotto il tiro della modernessa, si trova subito alle corde al solo pensiero del vagito di un neonato … Scampato pericolo, lei mica gli propone di fare un bebè ma un’enorme cabina armadio. Per farci cosa non l’ho capito mica! Forse per trovarsi catapultati nel paese di Narnia, dove è sempre inverno e mai Natale … Eppure, il risveglio con il capo soporoso di un figlio che ti rotola sul volto e prosegue il suo sonno in bilico sulla tua mascella è foriero di deliziose, irresistibili, apnee carnali. Provare per credere, TUTTO IL RESTO PUO’ ASPETTARE ….

Indegni!

Sei entrato in una chiesa come un sorcio, hai imbrattato e devastato come un cane rabbioso, la tua bava ha insozzato la Croce e le tue sporche zampe calpestato la bella Signora. Sei scappato come un verme con il volto coperto per tornare nel vomito che ti ha generato … Faccio fatica a crederlo, eppure, anche per te è la promessa che un quadrupede che razzola con il muso a terra un giorno potrà diventare un Uomo.

Assalto alla chiesa dei Santi Marcellino e Pietro durante la manifestazione degli “indignados”.

Il Papa e le ginestre contente del deserto

Ci voleva il Papa perchè si aprissero, come d’incanto, le porte della Certosa. I volti scolpiti dalle preghiere notturne e dal rintocco che penetra la bruma fioriscono, all’improvviso, come ginestre “contente del deserto”. Capi tosati, come di soldati, e lunghe barbe di antichi profeti sbucano dalle cocolle eburnee che sfidano la luna. Quanto vorrei che questi solitari con in mano la Croce tornassero nei deserti metropolitani. Quanto vorrei che avessero cura di bonificare, come un tempo le terre paludose, i nostri formicai brulicanti e inquinati da una mentalità che non è più cristiana e tantomeno umana. Pietro ha bisogno di Bruno, dice il  Santo Padre nella sua omelia, Caino ha bisogno di Abele, grida la selva! Il progresso tecnico – prosegue il Papa – ha forse reso più confortevole la vita, ma allo stesso tempo ha trasformato il quotidiano in un groviglio sempre più concitato e  disordinato. Le città moderne hanno dimenticato la dimensione del  silenzio e un rumore di fondo le pervade anche di notte. I media hanno diffuso e  amplificato la virtualità  che rischia di dominare sulla realtà. I più giovani poi sembrano voler riempire di musica e di immagini ogni momento vuoto, quasi per paura di sentire, appunto, questo vuoto. Questo stato di cose rischia di travolgere l’uomo ultimo ma esalta – secondo il Santo Padre – il carisma proprio della Certosa, che si offre come un dono prezioso all’umanità intera. Il Papa  riassume con splendide parole questo carisma: “ritirandosi nel silenzio e nella solitudine, l’uomo, per così dire, si “espone” al reale nella sua nudità, si espone a quell’apparente “vuoto” per sperimentare invece la Pienezza, la presenza di Dio, della Realtà più reale che ci sia, e che sta oltre la dimensione sensibile. E’ una  presenza percepibile in ogni creatura: nell’aria che respiriamo, nella luce che  vediamo e che ci scalda, nell’erba, nelle pietre… Dio, Creator omnium,  attraversa ogni cosa, ma è oltre, e proprio per questo è il fondamento di tutto. Il monaco, lasciando tutto, per così dire “rischia”: si espone alla  solitudine e al silenzio per non vivere di altro che dell’essenziale, e proprio  nel vivere dell’essenziale trova anche una profonda comunione con i fratelli,  con ogni uomo … Qualcuno potrebbe pensare che sia sufficiente venire  qui per fare questo “salto”, prosegue il Santo Padre. Ma non è così. Questa vocazione, come ogni  vocazione, trova risposta in un cammino, nella ricerca di tutta una vita. Non basta infatti ritirarsi in un luogo come questo per imparare a stare alla presenza di Dio. Come nel matrimonio non basta celebrare il Sacramento per diventare effettivamente una cosa sola, ma occorre lasciare che la grazia di Dio agisca e percorrere insieme la quotidianità della vita coniugale, così il diventare monaci richiede tempo, esercizio, pazienza “in una perseverante vigilanza divina”; e proprio in questo consiste la bellezza di ogni vocazione nella Chiesa: dare tempo a Dio di operare con il suo Spirito e alla propria umanità di formarsi, di crescere secondo la misura della maturità di Cristo, in quel particolare stato di vita. In Cristo c’è il tutto, la pienezza; noi abbiamo bisogno di tempo per fare  nostra una delle dimensioni del suo mistero. Potremmo dire che questo è un  cammino di trasformazione in cui si attua e si manifesta il mistero della  risurrezione di Cristo in noi. A volte,  agli occhi del mondo, conclude il Papa, sembra impossibile rimanere per tutta la vita in un  monastero, ma in realtà tutta una vita è appena sufficiente per entrare in questa unione con Dio, in quella Realtà essenziale e profonda che è Gesù Cristo”.