la patria dolce

Don Fabio Rosini, nel suo ultimo libro, indica, fra le molte declinazioni del padre, la custodia. “Un padre che ti accoglie” scrive “deve dirti chi sei ma, poi, ti deve custodire”. L’atto del custodire è spiegato con il verbo shamar che in ebraico significa “sorvegliare, vigilare, fare la guardia”. E’ il verbo della sentinella, ovvero, di colui che scruta l’orizzonte per scorgere il pericolo che monta. Tale attitudine, dice Don Fabio, è l’esatto contrario della distrazione, della trasandatezza, della sciatteria. Per spiegarsi meglio cita il Salmo 128, dove la sposa è descritta come vite feconda nell’intimità della casa e i figli come virgulti d’ulivo che circondano la mensa. Il vero assente in questo Salmo è proprio l’uomo. Ma i saggi rispondono: l’uomo è la casa. La missione del padre è quindi quella di farsi mura della casa a protezione della sposa e dei figli. Ecco, lo stesso può dirsi per la patria che, non a caso, richiama l’aggettivo patrius (paterno), e anche per questo è legata a doppio filo al focolare domestico. Nel presente satollo, è il terzo incomodo delle consorterie globaliste che anelano alla sua abolizione come a quella del padre per devastare e depredare alla maniera dei Proci. Non cambierà, non cambierà. No, cambierà, forse cambierà. Si può sperare, si può aspettare, come Telemaco, sulla riva del mare, il ritorno del padre e della patria dolce

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