Pentecoste

Da bambino passavo le ore davanti al fuoco a guardare i tizzoni ardenti.  C’e qualcosa di magnetico nella fiamma che sprigiona calore e luce. Come nel vento impetuoso che all’improvviso scombina le nostre pagine ingiallite.  Non ho bisogno di conoscere il riscontro storico dei fatti narrati negli Atti degli Apostoli, di quando un vento gagliardo spazzò via la paura e lingue di fuoco si posarono sopra i discepoli.  Le mie cellule dicono che è vero e tanto mi basta. Aggiungo che siamo un po’ tutti ospiti di una qualche casa Beacon nel mondo nell’attesa spasmodica della venuta dell’Uomo Vivo. Devo assolutamente raccomandarti la lettura di questo straordinario romanzo di Chesterton che sin dall’esordio porta con sé il fragore della Pentecoste: 

“il fresco vento si levo alto ad occidente come un’onda di irragionevole felicità e si slanciò verso oriente sull’Inghilterra portando seco il nevoso aroma delle foreste e la gelida ubriachezza del mare…”

Questo è solo l’inizio, lasciati anche tu sparigliare dall’uomo vestito di verde con la valigia in mano, lasciati contagiare dai buffoni mandati dal cielo per fartela dire la verità sul tuo conto. Per non  stare solo a guardarlo il fuoco e portarlo con te un giorno, come il bambino de “La strada” di Cormac McCarthy:

 “ce la caveremo, vero, papà? Sì. Ce la caveremo. E non ci succederà niente di male. Esatto. Perché noi portiamo il fuoco. Sì. Perché noi portiamo il fuoco …”

Dardi del deserto

  

Un fratello si recò presso un anziano che abitava al Monte Sinai e gli domandò: “Padre, dimmi come si deve pregare, perchè ho molto irritato Dio”. L’anziano gli disse: “Figliuolo, io quando prego parlo così: Signore, accordami di servirti come ho servito Satana e di amarti come ho amato il peccato”.  

La pazza con la violetta

 

 C’ero anch’io alla Marcia per la Vita. Sono sceso in piazza per guardali in faccia questi stolti di cristiani che osano gridare al mondo che l’aborto è un falso diritto contro la vita più fragile e indifesa. Quando il mio sguardo ha incrociato quello di una suora che fissava un palloncino bianco davanti ai suoi occhi mi sembrava avverata la profezia di Milan Kundera: “Si disse: quando un giorno l’assalto della bruttezza fosse diventato del tutto insostenibile, si sarebbe comprata una violetta, una sola violetta, quello stelo delicato col suo minuscolo fiorellino, sarebbe uscita in strada e tenendolo davanti al viso l’avrebbe fissato spasmodicamente, per vedere solo quello, per vederlo come fosse l’ultima cosa che voleva conservare, per se stessa e per i suoi occhi, di un mondo che aveva ormai smesso di amare. Sarebbe andata così per le strade di Parigi, la gente presto avrebbe cominciato a conoscerla, i bambini l’avrebbero rincorsa, derisa, le avrebbero tirato oggetti addosso e tutta Parigi l’avrebbe chiamata: la pazza con la violetta …”. Grazie a Dio c’è la Chiesa, l’ultima riserva di follia e  bellezza …

I pesciolini della Senna

  

Il tam-tam è arrivato nella selva … Te lo ricordi Camillian Demetrescu? Se ne è andato nel giorno del Signore … Come posso dimenticare i suoi occhi cerulei Ben, come posso scordare il suo sguardo che cercava il Sole. La sua parola era come un seme fecondo sopra la nostra terra, la sua arte un caleidoscopio meraviglioso da cui scorgere le tinte fosche del nostro tempo. A chi gli chiedeva quale fosse la via, rispondeva che ci troviamo davanti a un bivio e siamo chiamati a una scelta: da una parte c’è l’autostrada che porta al nichilismo, alla cultura del No, dall’altra c’è il sentiero dove cresce l’erba, la cultura del SI, che riconduce a Dio. La prima è veloce e accattivante, ma non porta da nessuna parte e finisce nella cloaca magna della delusione. La seconda è stretta e impervia ma porta lontano, dove tignola e ruggine non consumano. Nel suo ultimo disegno, una scure abbatte un enorme albero con in cima una Croce coronata da dodici stelle. E’ la scure degli operosi boscaioli di Bruxelles, intenti ad eliminare le radici cristiane dell’Europa. Loro non sanno, non possono sapere che nuovi germogli sempre fioriranno dal grande tronco appena amputato. A questi nuovi germogli, a me e a te, Demetrescu ha lasciato in consegna una parabola che suona come un testamento: la leggenda dei pesciolini della Senna. “Il fiume attraversa la città di Parigi da est a ovest. Nelle sue acque vivono due specie di pesci: i pesciolini magri che si danno un gran daffare nuotando controcorrente, verso la luce del sol levante, verso la sorgente, e i pesci grassi, sonnolenti, che si lasciano portare dal fiume verso le tenebre del ponente.” Dice il nostro “Mi rivolgo a coloro che sono consapevoli della deriva del mondo di oggi. Se sentite i colpi della scure che si abbatte senza sosta sul tronco del Grande Albero, neanche voi potete fare a meno di nuotare controcorrente con tutte le vostre forze, verso la sorgente della Verità.”