Pentecoste

Da bambino passavo le ore davanti al fuoco a guardare i tizzoni ardenti.  C’e qualcosa di magnetico nella fiamma che sprigiona calore e luce. Come nel vento impetuoso che all’improvviso scombina le nostre pagine ingiallite.  Non ho bisogno di conoscere il riscontro storico dei fatti narrati negli Atti degli Apostoli, di quando un vento gagliardo spazzò via la paura e lingue di fuoco si posarono sopra i discepoli.  Le mie cellule dicono che è vero e tanto mi basta. Aggiungo che siamo un po’ tutti ospiti di una qualche casa Beacon nel mondo nell’attesa spasmodica della venuta dell’Uomo Vivo. Devo assolutamente raccomandarti la lettura di questo straordinario romanzo di Chesterton che sin dall’esordio porta con sé il fragore della Pentecoste: 

“il fresco vento si levo alto ad occidente come un’onda di irragionevole felicità e si slanciò verso oriente sull’Inghilterra portando seco il nevoso aroma delle foreste e la gelida ubriachezza del mare…”

Questo è solo l’inizio, lasciati anche tu sparigliare dall’uomo vestito di verde con la valigia in mano, lasciati contagiare dai buffoni mandati dal cielo per fartela dire la verità sul tuo conto. Per non  stare solo a guardarlo il fuoco e portarlo con te un giorno, come il bambino de “La strada” di Cormac McCarthy:

 “ce la caveremo, vero, papà? Sì. Ce la caveremo. E non ci succederà niente di male. Esatto. Perché noi portiamo il fuoco. Sì. Perché noi portiamo il fuoco …”